Di recente ho iniziato a interessarmi di impianti di home automation perchè devo fare lavori in casa e volevo approfittare per modernizzare.
Sorvolando sull’utilità effettiva della home automation in un normale appartamento di città (cioè con tutti i comandi raggiungibili in non più di 10 secondi ovunque siano), ho quindi deciso di informarmi meglio.
C’è stato tanto sventagliare ultimamente nel settore dell’impiantistica elettrica delle nuove norme CEI per gli impianti (CEI 64-8/3), obbligatoria da fine 2011, in cui si fa menzione degli impianti “domotici”. Seguono ovviamente grandi annunci da parte di tutti i produttori di materiale elettrico, comprensibilmente interessati a vendere i prodotti di domotica, fino ad oggi considerati un po’ un lusso.
Prima di tutto cominciamo col dire che si stanno configurando due modi molto diversi di concepire la home automation in ambito domestico. Riassumendo:
- Approccio “impiantistico”: la home automation è l’impianto elettrico
- Approccio “consumer electronics”: la home automation si collega all’impianto elettrico
Approccio Impiantistico
E’ l’approccio classico, proposto dai produttori di impianti elettrici e mutuato dalla lunga esperienza in materia di building automation e sistemi di supervizione e controllo industriali (SCADA).
In sostanza qui la domotica è l’impianto stesso. Ogni componente dell’impianto (pulsanti, prese, dimmer, interruttori, sensori d’allarme, termostati, …) può essere collegato a un bus e comandato tramite un gateway che si collega al bus (una coppia di fili che entrano e escono dai vari componenti connessi) e a qualche computer di controllo. Un modo di vedere la domotica che è, in buona sostanza, una versione ridotta di un impianto industriale.
Iniziano anche a proporre componenti wireless (solitamente su Zigbee), ma cambia poco, fanno comunque parte dell’impianto.
Inutile dire che in questo caso si lavora sull’impianto, nel quadro elettrico, con lo spellafili e il cacciavite e che ovviamente serve la dichiarazione di conformità fatta da un elettricista perchè si va a intervenire sui fili.
L’intelligenza dell’impianto è centralizzata, perchè tutti gli attuatori e bottoni e componenti sono collegati a un bus (proprietario o standard che sia) ma sono controllati centralmente da un coordinatore. Non esiste “Internet of Things”, il singolo pulsante non ha idea di cosa sia Internet, si limita a mandare un messaggio sul bus quando viene premuto o rilasciato. Il controllo tramite smartphone o tramite interfaccia Web non è sul singolo oggetto, ma passa dal gateway.
I costi di questo tipo di impianti sono abbastanza pesanti, diciamo che tendono a moltiplicare di un fattore 3 o 4 il costo di un impianto elettrico standard. Per non parlare del fatto che l’impianto va programmato da uno specialista dotato di software apposito.
Sono andato a guardare questi software e non si tratta di nulla di trascendentale per chunque abbia un minimo di capacità informatiche (consideriamo che sono pensati per essere usati da un elettricista che in teoria di capacità informatiche potrebbe anche non averne…). Però rimane il fatto che quando di installano fili prese e quadri elettrici bisogna sapere bene cosa si sta facendo e la legge non sempre permette il fai-da-te (anzi, non lo permette MAI).
Approccio “consumer electronics”
Il secondo approccio, spinto soprattutto dalle startup e dai produttori di elettronica di consumo più famosi (il CES di quest’anno era stracolmo di gadget di questo tipo) vede la domotica soprattutto come “connected home”. Questo significa rendere intelligenti gli oggetti di casa, dotandoli di un qualche software e di una connessione WiFi o bluetooth in grado di parlare con smartphone, internet, servizi cloud, eccetera.
Il tutto si riassume in aggeggi collegati alla corrente elettrica di casa (o a batteria), che il consumatore può fare agevolmente con le proprie mani, senza elettricisti o altro:
- Prese elettriche comandate
- Dimmer comandati
- Telecamere
- Lampadine LED WiFi con altre funzioni integrate
- Sensori WiFi di vario tipo
Esempio di “aggeggi connessi”: Samsung Smart things
Diciamo che il trend quì è quello dell'”Internet of Things”. Cioè prendo un aggeggio normalmente meccanico, gli ficco dentro un po’ di elettronica, lo collego a Internet e lo rendo comandabile da remoto. La domotica è quindi un “overlay” sopra l’impianto elettrico.
A questo trend si agganciano anche i produttori di elettrodomestici, che stanno inserendo connettività WiFi e intelligenza in sempre più linee di prodotto.
Gli standard e l’interfacciamento
Nella domotica impiantistica esistono degli standard. C’è lo standard Konnex/EIB, c’è lo standard industriale Siemens Dali, ce ne sono anche altri che però non sono usati in ambito domestico. Poi ci sono dei protocolli più o meno documentati (ad esempio il protocollo Enocean).
In generale, però, quando si monta un impianto domotico, l’interoperabilità tra produttori di componenti diversi è ZERO, nonostante gli standard. Cioè: o si usano componenti tutti dello stesso produttore o dichiaratamente compatibili oppure non c’è speranza di avere un impianto funzionante.
Una volta fatto l’impianto, poi, interagire con lo stesso da un computer esterno (vedi: Arduino, Raspberry o altro) o non si può fare, o richiede l’uso di apposite librerie software sottoposte a licenza oppure richiede l’uso di appositi componenti di collegamento al bus (costosi) che a loro volta richiedono software appositi, ecc ecc. Insomma, l’interfacciamento con questi impianti lo si fa solo se il produttore lo consente. L’approccio è, come sempre, quello industriale: perchè dovresti voler smanettare con il mio impianto???
Nel caso dell’IoT o approccio consumer non ci sono standard nella maniera più assoluta. In passato (ho seguito una tesi di laurea sul tema) ci avevano provato con lo standard Universal PnP (UPNP), ma con scarsissimo successo perchè il mercato ancora non era pronto. Stanno provando adesso a mettere in piedi alcune cordate di produttori di elettronica di consumo: All Seen Alliance e Open Intconnect Consortium, ma ancora si deve vedere cosa combineranno.
Però il modo di ragionare è diverso: l’oggetto connesso non vuole essere proprietario, vuole essere aperto il più possibile, cioè se non c’è un SDK pronto, almeno c’è scritto come interfacciare l’oggetto, che solitamente accetta chiamate REST via Web.
Approcci a confronto
L’impiantista punta tutto sulla sicurezza e affidabilità, mentre la consumer electronics punta tutto sulle funzionalità, sui costi e sulla facilità d’uso.
L’affidabilità è sicuramente chiave quando si considera l’impianto nel suo complesso, ma diventa meno interessante quando la domotica è solo un “di più” (e parliamoci chiaro, nella quasi totalità dei casi è così).
E’ da parecchio che lavoro in questo settore e so che la semplicità (vedi Apple) ha sempre vinto su tutto il resto. Oltretutto il fatto di poter fare facilmente retrofitting in salsa domotica di impianti esistenti a poco costo favorisce di gran lunga l’approccio consumer electronics.
Magari non succederà subito, ma ho la netta impressione che sia la consumer electronics l’approccio vincente, nonostante tutto. Mentre per avere un impianto domotico bisogna essere molto, molto convinti (e investire tempo, soldi e lavori), per collegare una smart plug a una presa ci vogliono 3 minuti e qualche decina di euro.
Prossimamente proverò a guardare meglio al protocollo AllSeen, sembra interessante e c’è il codice open source.
Quando la domotica non serve a niente
Non tutti sanno che quelle poche funzioni comode della domotica sono facilmente realizzabili in un impianto elettrico senza ricorrere a bus e programmazione, ma solo con qualche filo in più nei condotti.
Esempio: le tapparelle elettriche con il comando centralizzato
Basta scegliere un attuatore per tapparelle elettronico con il contatto di uscita per il comando di salita e discesa centralizzato. Si tirano due fili fino al punto dove si vuole il pulsante di “tutte giu” e il gioco è fatto. Niente domotica e con un minimo di abilità anche niente elettricista.
Attuatore Eltako per barra DIN con comando centralizzato
Per inciso, se poi al medesimo comando si collega un Arduino con un relè e un RTC, si può anche programmare.